Il concetto di femminismo oggi è fortemente cambiato rispetto a quando questo termine venne coniato e, purtroppo, spesso il suo significato viene distorto e mal gestito dalle nuove generazioni. In questo breve articolo cercheremo quindi di riassumere in maniera concisa le origini e la storia di questo termine, così da aiutare i nostri lettori e lettrici a meglio comprenderne il significato e soprattutto i valori che esso rappresenta.
La prima fase del femminismo si ha con le Suffragette, un gruppo di donne britanniche che nel 1865 fonda il primo comitato per l’estensione del voto. Le battaglie per la parità dei diritti sia in politica che in famiglia si concretizzano però solo nel ‘900 quando la Finlandia estende il voto alle donne nel 1906, a seguire la Gran Bretagna nel 1918, Stati Uniti nel 1920 e solo nel secondo dopo guerra Italia e Francia.
Per la seconda fase dobbiamo aspettare gli anni 60/70 del ‘900. Negli Stati Uniti, fiorenti dopo la guerra, le donne si coalizzano dando vita ad un nuovo tipo di femminismo, stavolta più incentrato su sessualità, stupro e violenza domestica, diritti riproduttivi, ma anche sulla parità di genere sul posto di lavoro. È in questi anni che viene creata la pillola contraccettiva mentre negli anni ’70 sono le italiane a combattere per modernizzare il diritto di famiglia, richiedendo la rimozione del delitto d’onore, il diritto all’aborto e al divorzio.
L’ultima fase, per ora la si ha negli anni ’90, quando l’attenzione del movimento femminista si sposta sul lavoro. In una società in cui si presume che uomini e donne abbiano i medesimi diritti, concetti come il divario salariale, le molestie e le limitazioni alla carriera sono intollerabili. Dall’altra parte però vi è anche una modifica del pensiero femminista rispetto agli anni 70 e 80 che rinnegavano qualunque forma di sfruttamento del corpo femminile, ora si è più tolleranti verso la pornografia e la possibilità di vendere sesso per libera scelta.